Dall’operaio massa all’operaio sociale

 14.00

Antonio Negri

pp. 171
Anno 2024 (marzo)
ISBN 9788869482885

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Descrizione

Antonio Negri
Dall’operaio massa all’operaio sociale
Intervista sull’operaismo
Introduzione e cura di Paolo Pozzi e Roberta Tomassini
Postfazione di Adelino Zanini

Questa intervista, pubblicata nel 1979, conobbe una larga diffusione e divenne subito un testo di riferimento: in particolare, per l’area dell’Autonomia e per i suoi oppositori, che presto sarebbero divenuti persecutori.
Che cosa si racconta in questo libro? In breve, la storia dell’autonomia operaia così come era stata letta e vissuta da alcuni suoi militanti nel periodo che andava dai “Quaderni rossi” a “Classe operaia”, da Potere operaio all’Autonomia organizzata. L’attenzione era rivolta a quanto era avvenuto dopo le lotte operaie del ’69 alla Fiat e nel resto delle grandi fabbriche, nel momento in cui la ristrutturazione capitalistica (con l’appoggio della politica del “compromesso storico”) iniziò a demolire, con nuovi strumenti, l’autonomia e la forza dell’operaio massa. Il postfordismo era alle porte. L’accumulazione capitalistica spostò il proprio baricentro dalla fabbrica alla società, e l’“operaio sociale” divenne la figura, ambivalente, di una nuova forza produttiva, non più riferibile soltanto e semplicemente al concetto “classico” di operaio.
Di questo passaggio epocale, l’intervista di Negri diede una efficace e controversa interpretazione. Dopo i molti anni trascorsi – e le scoperte teoriche del femminismo, le ricerche sul lavoro immateriale, le teorizzazioni sul biopolitico e i “modi di vita” –, quelle forme di pensiero e di azione che lo stesso concetto di operaio sociale indicava appaiono oggi, certamente rideclinate dentro una fase di comando imperiale e di produzione biopolitica, ancora capaci di offrire stimoli metodologici e teorici per leggere il presente e le sue tendenze.

Antonio Negri (1933-2023), tra i maggiori pensatori contemporanei della dottrina dello Stato, è sempre stato attivo nei movimenti di trasformazione della società. Tra i suoi numerosi lavori, tradotti in molte lingue, ricordiamo, tra i più recenti, i volumi scritti con Michael Hardt, Impero (2002), Moltitudine (2004), Comune (2010) e Assemblea (2018) e, per i nostri tipi: Il lavoro nella Costituzione (2009), Dentro/contro il diritto sovrano (2009), Il comune in rivolta (2012), Fabbriche del soggetto (2013).

RASSEGNA STAMPA

UN ASSAGGIO

Indice

7 Prefazione alla nuova edizione del 2007
di Antonio Negri

13 Introduzione
di Paolo Pozzi e Roberta Tomassini

17 1. Dall’eclisse dell’operaio massa alla centralità dell’operaio sociale

41 2. La crisi degli anni Cinquanta nel movimento operaio:
dal togliattismo alle tesi sul controllo operaio

49 3. Alle origini dell’operaismo: i “Quaderni Rossi”

81 4. L’esperienza teorico-politica di “Classe Operaia”:
la centralità dell’operaio massa

90 5. Gli anni ’66-’68: l’operaismo funziona!

102 6. Il ’69 e la Fiat: dalla nascita dei gruppi alla formazione di Potere Operaio nazionale

116 7. La fine dei gruppi: la conflittualità diffusa e la nascita
dell’autonomia

142 8. La centralità dell’operaio sociale e le nuove categorie
di analisi marxiana nello Stato-impresa

161 Postfazione
di Adelino Zanini

167 Fonti


 

Prefazione alla nuova edizione del 2007
di Antonio Negri

Quest’intervista, rilasciata nel 1978 e pubblicata subito dopo nel 1979, è stata molto letta, non solo per la sua facile forma ma anche perché (in conseguenza della sua larga diffusione militante) divenne alla fine degli anni Settanta e fino alla “Pantera”, un testo di riferimento. Per i militanti dell’Autonomia operaia ed anche per i suoi oppositori, che presto sarebbero divenuti persecutori. Questo libro divenne dunque, per un momento, più importante degli “opuscoli” Feltrinelli che andavo pubblicando in quel periodo e che ora sono stati rimessi in circolazione sotto il titolo I libri del rogo (DeriveApprodi, Roma 2006): malgrado la loro pretesa d’essere popolari, questi opuscoli erano, in effetti, molto più difficili – anche se quei “barbari” militanti autonomi degli anni Settanta dovrebbero essere riconosciuti, oggi, ad una certa distanza, più colti della gioventù scolarizzata odierna.
Che cosa si racconta in questo libro? In breve: la storia dell’autonomia operaia così come era stata letta e vissuta da alcuni suoi militanti nel periodo che andava dai “Quaderni Rossi” a “Classe Operaia”, da Potere Operaio all’Autonomia organizzata. In particolare ci si soffermava sulle esperienze di intervento militante, economico e politico, nel grande nord italiano, cioè sull’asse Torino-Milano-Venezia. L’attenzione era rivolta a quanto era avvenuto dopo la vittoria operaia del 1969 alla Fiat e nel resto delle grandi fabbriche: la direzione capitalistica del paese decide allora (con l’appoggio dei sindacati, dei partiti del movimento operaio e delle strutture dello Stato costituzionale, unificate nella politica del “compromesso storico”) di distruggere l’autonomia e la forza dell’organizzazione operaia. Essa era divenuta incontrollabile: una “variabile indipendente” dello sviluppo capitalistico, come riconoscevano allora, terrorizzati, i residui teorici operaisti della “critica dell’economia politica” (intendiamo quei riformisti che pensavano, attraverso l’“autonomia del politico”, di far funzionare, o meglio, almeno di tener buona, la classe operaia dentro il capitale, pur mantenendone un’organizzazione indipendente: tale fu il berlinguerismo. Per i più onesti, pura illusione). In effetti, la situazione era tutt’altra: eravamo al bordo della rottura del concetto di capitale e dell’effettività del suo comando unificato – i movimenti del capitale variabile si mostravano autonomi all’interno e contro l’organizzazione del capitale costante, non vi era più dunque solamente quel “dentro/contro” che l’operaismo aveva recitato, si era nel “contro/fuori” – albeggiava una nuova realtà della classe lavoratrice.
Come si era sviluppato il tentativo capitalistico di battere la classe operaia? Attraverso l’automazione in fabbrica ed il rinnovamento dell’“organizzazione scientifica” del lavoro, ben al di là di quelli che erano stati gli insegnamenti e le pratiche del taylorismo e del fordismo. Si stava aprendo in fabbrica l’epoca del postfordismo. In secondo luogo, il capitale cominciava a programmare l’investimento produttivo del sociale. L’informatizzazione del sociale arriva più tardi, a partire dalla fine degli anni Settanta: allora, nella seconda metà di quegli anni, si assistette, tuttavia, al trionfo dell’out-sourcing, e quindi ad una prima fase d’accerchiamento precario o terziario della grande industria (le politiche di “cassa integrazione”) – nel mentre maturavano ben più profonde trasformazioni.

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