pp. 185
Anno 2020 (ottobre)
ISBN 9788869481680
17,00 €
Gilberto Pierazzuoli
Il lavoro è una cosa “seria.
Apologia della festa
Prefazione di Francesco Demitry
Quando il rapporto capitale lavoro investe l’intero tempo di vita, quando il processo di valorizzazione pervade ogni istante dell’esistenza, non ci sono più luoghi e momenti per la festa, l’ozio, il gioco o il riso. Non solo queste attività vedono rarefarsi gli spazi in cui si possono esercitare, ma subiscono anche tutta una serie di trasformazioni che portano alla perdita dei valori e delle funzioni che le caratterizzavano, ad esempio, all’interno di modi di produzione non mercantili, di società strutturate sullo scambio simbolico, il dono e la reciprocità, sui quali si fandava la loro tenuta sociale.
La festa, il gioco, il comico, il piacere, sono figure liminali della nostra cultura occidentale. Tra loro corre una parentela di non facile definizione, ma di cui si può ravvisare un tratto nel loro disagio a rapportarsi con termini quali “utile” e “serio”. In effetti, utile e serio esprimono un valore opposto al senso che assumono o è attribuito ad alcune di esse. Il piacere, la gioia, il riso, il gioco, pur riscuotendo un alto livello di considerazione teorica, vengono oggi ridimensionati nella vita quotidiana e messi in secondo piano di fronte all’imperiosità dell’utile e alla solennità del serio, in quanto attributi del “pensieroso”, non certo dello “spensierato”. La spensieratezza, infatti – come si può leggere nei dizionari –, è spesso connotata come un difetto, una mancanza di responsabilità, una superficialità; una leggerezza, ma anche una azione da sconsiderati, superficiali e negligenti. Occorre allora rompere questo “dispositivo della colpa” per ritornare a giocare e fare festa, a oziare spensierati e a riempire di “godimento” le lotte a venire.
Gilberto Pierazzuoli si è laureato in Lettere presso il Dipartimento di storia dell’arte dell’Università di Firenze con una tesi sulle rappresentazioni folcloriche, il carnevale e la festa. Ha insegnato Italiano e Storia in un Liceo artistico. Tra le sue pubblicazioni: Mangiare donna. Il cibo e la subordinazione femminile nella storia (Jouvence, 2016) e Gioco, giocattoli, robot e macchine umane (Robin Edizioni, 2016). Fa parte della redazione di “La Città Invisibile”, magazine del laboratorio politico perUnaltracittà.
Gilberto Pierazzuoli
Il lavoro è una cosa “seria.
Apologia della festa
Prefazione di Francesco Demitry
Quando il rapporto capitale lavoro investe l’intero tempo di vita, quando il processo di valorizzazione pervade ogni istante dell’esistenza, non ci sono più luoghi e momenti per la festa, l’ozio, il gioco o il riso. Non solo queste attività vedono rarefarsi gli spazi in cui si possono esercitare, ma subiscono anche tutta una serie di trasformazioni che portano alla perdita dei valori e delle funzioni che le caratterizzavano, ad esempio, all’interno di modi di produzione non mercantili, di società strutturate sullo scambio simbolico, il dono e la reciprocità, sui quali si fandava la loro tenuta sociale.
La festa, il gioco, il comico, il piacere, sono figure liminali della nostra cultura occidentale. Tra loro corre una parentela di non facile definizione, ma di cui si può ravvisare un tratto nel loro disagio a rapportarsi con termini quali “utile” e “serio”. In effetti, utile e serio esprimono un valore opposto al senso che assumono o è attribuito ad alcune di esse. Il piacere, la gioia, il riso, il gioco, pur riscuotendo un alto livello di considerazione teorica, vengono oggi ridimensionati nella vita quotidiana e messi in secondo piano di fronte all’imperiosità dell’utile e alla solennità del serio, in quanto attributi del “pensieroso”, non certo dello “spensierato”. La spensieratezza, infatti – come si può leggere nei dizionari –, è spesso connotata come un difetto, una mancanza di responsabilità, una superficialità; una leggerezza, ma anche una azione da sconsiderati, superficiali e negligenti. Occorre allora rompere questo “dispositivo della colpa” per ritornare a giocare e fare festa, a oziare spensierati e a riempire di “godimento” le lotte a venire.
Gilberto Pierazzuoli si è laureato in Lettere presso il Dipartimento di storia dell’arte dell’Università di Firenze con una tesi sulle rappresentazioni folcloriche, il carnevale e la festa. Ha insegnato Italiano e Storia in un Liceo artistico. Tra le sue pubblicazioni: Mangiare donna. Il cibo e la subordinazione femminile nella storia (Jouvence, 2016) e Gioco, giocattoli, robot e macchine umane (Robin Edizioni, 2016). Fa parte della redazione di “La Città Invisibile”, magazine del laboratorio politico perUnaltracittà.