La sfida dell’ambivalenza

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Giorgio Grossi

pp. 182
Anno 2021 (marzo)
ISBN 9788869481857

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Descrizione

Giorgio Grossi
La sfida dell’ambivalenza
Il futuro della sociazione umana e post-umana nel Terzo millennio

Il primo ventennio del xxi secolo si è aperto con gli attentati dell’11 settembre alle Torri gemelle di New York e si è chiuso con la pandemia del Coronavirus in tutto il mondo. Ma in questo periodo è accaduto soprattutto un cambiamento epocale, dirompente e accelerato: l’esplosione della rivoluzione informatica delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e dell’intelligenza artificiale, e la trasformazione progressiva verso una società cosmica sempre più post-umana.
Di fronte a questi mutamenti sembra necessario un nuovo progetto epistemologico in grado di ribaltare i tradizionali approcci interpretativi dell’evoluzione bio-sociale e dell’innovazione tecno-informatica. Questo progetto alternativo l’autore lo chiama la sfida dell’ambivalenza, ed è a partire da essa che gli sembra si possa tentare di costruire una diversa visione della realtà sociale in cui viviamo, sempre più pervasa e condizionata da sistemi digitali, algoritmi e nanotecnologie. L’ambivalenza infatti non è il limite ma la peculiarità della specie antropologica, mentre i miti della cibernetica e della tecno-scienza sono costruiti sulla predeterminazione, l’automazione e la perfezione della vita digitalizzata.
Se Homo sapiens non comprende quali sono le sfide che oggi deve affrontare – continuando a cullarsi nel mito acritico del progresso – il rischio non verrà da alieni o da Ufo ma dalla sua stessa incapacità di vivere in una biosfera che deve preservare e rispettare, e quindi dalla necessità di sapere soprattutto quale significato attribuire al proprio ciclo esistenziale di umani e non di umanoidi.

Giorgio Grossi è stato docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Torino e l’Università di Milano-Bicocca. Attualmente è coordinatore del Forum di TeoriaSociale. Tra le sue varie pubblicazioni si segnalano: Rappresentanza e rappresentazione (Franco Angeli, 1985), L’Europa degli italiani, l’Italia degli europei (Rai Libri, 1996), L’opinione pubblica (Laterza, 2004), I conflitti contemporanei (Utet, 2008), Metamorfosi del politico (Rosenberg & Sellier, 2020).

RASSEGNA STAMPA

UN ASSAGGIO

Indice

7 Presentazione

Parte prima. Percorsi di discontinuità analitica

13 Capitolo primo. Il campo culturale nel xxi secolo: una diversa prospettiva

1. Una breve introduzione al concetto di ambivalenza; 2. Il campo culturale: sguardo esplorativo e ipotesi interpretative; 3. Una conclusione in progress: due tipi di ambivalenza

38 Capitolo secondo. La “socioanalisi” come riformulazione della teoria sociale critica

1. Ascesa e caduta della “teoria critica”; 2. Dalla “teoria critica” alla “socioanalisi”; 3. Discussione di due esempi di approccio teorico-critico non tipizzato; 4. L’ambivalenza come componente principale della socioanalisi in quanto teoria sociale critica

Parte seconda. Verso una teoria dell’ambivalenza nell’era del trans-post-umano

63 Capitolo terzo. Sociazione e soggettività tra bio-sfera e tecno-sfera

1. Un nuovo ambiente esistenziale: umano e post-umano; 2. Attori e attanti: soggettività bio-sociale e attanzialità tecno-sociabile; 3. Intelligenza e coscienza: mente umana e mente umanoide a confronto; 4. Considerazioni di sintesi

90 Capitolo quarto – Dal principio dell’aut-aut all’opzione dell’et-et

1. L’importanza dell’ambivalenza come discontinuità euristica; 2. Dalla definizione “monovalente” alla configurazione “bivalente” dei percorsi di analisi della realtà bio-sociale; 3. Considerazioni di sintesi
111 Capitolo quinto. L’uomo a tre dimensioni

1. Ambivalenza “bio-fisica”; 2. Ambivalenza “bio-sociale”; 3. Ambivalenza “bio-tecno-informatica”; 4. Due casi indicativi; 5. L’opzione dell’ambivalenza come strategia di contenimento; 6. Considerazioni di sintesi

143 Capitolo sesto. Dalla coevoluzione alla trans-evoluzione: due frame a confronto

1. Verso un nuovo format post-esistenziale?; 2. Comparazione tra due frame interpretativi: quello ambivalente e quello post-ambivalente; 3. Considerazioni di sintesi

168 Postfazione

175 Indice analitico

177 Riferimenti bibliografici

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Presentazione

L’interrogativo più impellente che affiora ormai da parecchi anni, da quando il Terzo millennio si è dispiegato dentro e fuori di noi, è quello che riguarda l’adeguatezza epistemica dei nostri modelli e paradigmi analitici. Può un radicato, longevo e reiterato sistema di pensiero mainstream interpretare e comprendere ciò che sta accadendo nel nostro mondo mediante spiegazioni rituali e scontate anche quando se ne rilevano continuamente l’inadeguatezza o la rigidità, le quali inoltre sono sempre meno in grado di dare senso (in positivo o in negativo) a ciò che accade alla nostra vita cosmica? Soprattutto quando si tratta di ideologie politiche, correnti culturali, teorie economiche, modelli scientisti e perfino paradigmi fantascientifici che si affannano, inutilmente, a spiegarci che “le cose stanno in questo modo” e che questo è perciò l’unico mondo possibile?
Questo libro ha invece un obiettivo diverso, perché cerca di promuovere un percorso gnoseologico che ci permetta di uscire da questa ottica continuista – che produce peraltro in modo ricorsivo crisi, disastri, allarmi, involuzioni – perché la trasformazione bio-sociale del pianeta in cui viviamo ha subìto una crescente accelerazione negli ultimi decenni, tanto da rendere obsolete o inefficaci alcune parole-chiave della storia di Homo sapiens: civiltà, ordine, progresso e innovazione. L’ipotesi di fondo di questa nuova forma di approccio epistemico, che qui si cerca di argomentare e di discutere, è che il possibile è più ampio ed esteso del reale, e quindi occorre una visione analitico-interpretativa che sia in grado di compenetrare l’evoluzione bio-sociale dei Sapiens con un disegno teorico che si fonda non sulla reificazione sistemica del senso della vita, ma sulla sua variabilità semantica e quindi performativa. Dunque, non più teorie che rimangono valide finché non vengono smentite, ma teorie che devono essere interamente reimpostate per poter registrare (e cercare di comprendere) le variabilità, le contraddizioni, le imperfezioni, le contaminazioni che caratterizzano il ciclo vitale nell’universo bio-naturale, senza ipostatizzare in anticipo alcun esito o alcuna spiegazione monocausale o unilaterale. Approssimazione (e non certezza), dualità (e non univocità), plurivalenza (e non monovalenza) sono di conseguenza le componenti decisive di un approccio duttile e flessibile alla realtà esistenziale, non solo per ragioni biologiche e organiche (come vedremo), ma anche per evidenze connesse con le mutazioni “artificiali”, “digitali” e “cibernetiche” della nostra nuova società-mondo.
Questa esigenza di discontinuità teorica deriva in parte dal percorso storico bimillenario di Homo sapiens e dai suoi controversi esiti, ma soprattutto è indotta dalla trasformazione accelerata che negli ultimi trent’anni è stata alimentata dalla rivoluzione informatica delle ICT e delle tecno-scienze. È in atto infatti uno slittamento progressivo da una società antropologica ad una società post-umana attraverso la diffusione crescente di dispositivi automatizzati sviluppati e gestiti dall’Intelligenza Artificiale (IA). Per dirla con due esempi oggi di grande attualità: perché cercare di andare in vacanza su Marte, quando sulla Terra l’idea stessa di “vacanza” è minacciata dall’erosione dei litorali, dall’inquinamento dei mari, dal riscaldamento climatico, dalla implosione dei ghiacciai, dal disfacimento dei rilievi montuosi e dall’esondazione dei fiumi? O anche: perché delegare all’ennesima app o all’ultimo microchip il compito di “migliorare” tutti gli aspetti la nostra vita, enfatizzandone efficienza e performance, quando invece dovremmo essere noi stessi a lavorare per modificarla, renderla più umana e dotata di senso, farla evolvere insieme al suo ambiente e alle altre forme viventi che ci circondano?
Ho chiamato questo progetto alternativo La sfida dell’ambivalenza perché è a partire da questo presupposto, almeno per ora, che mi pare si possa tentare di costruire una diversa visione della realtà bio-sociale in cui viviamo – in Occidente come in Oriente, nel Nord come nel Sud del mondo –, una realtà che è sempre più pervasa e condizionata da macchine, algoritmi e interattività digitale e che, etichettata come innovazione tecnico-scientifica, sta progressivamente sfuggendo di mano agli stessi Sapiens senza risolvere i veri problemi della specie e della sua futura sopravvivenza. Infatti, la nozione stessa di ambivalenza ci permette di rendere ogni percorso euristico come qualcosa di semanticamente aperto e polivalente, diffidando perciò di ogni ipotesi deterministica sia dei vissuti dei membri della specie, sia delle loro utopie trans-post-umane.
Dunque non la fine della storia, come è stato sentenziato imprudentemente con la conclusione del Secolo breve, per evocare un futuro di stabilità, efficienza e felicità ormai definitivo e consolidato (previsione che, a distanza ormai di trent’anni, sembra invece una visione miope e controproducente). Al contrario, occorre parlare dell’inizio di un’altra storia, a condizione però che si affrontino le nuove sfide con strumenti analitici e interpretativi in grado di leggere il mutamento bio-sociale sia nella prospettiva antropologica e sia nella direzione della rivoluzione informatica e tecno-scientifica che in questi ultimi decenni ha compiuto una impressionante accelerazione.
La configurazione del libro, perciò, non può né vuole essere veramente coerente, lineare, esaustiva e conclusiva. Si procede per tentativi, dubitando, contraddicendosi, anche cambiando prospettiva e interpretazione. Ma l’obiettivo è abbastanza chiaro, e mette in conto limiti e carenze epistemiche senza per questo rinunciare al compito assunto: contribuire a fare di Homo sapiens non la parodia di se stesso ma la prima specie davvero sensibile, autocosciente e rispettosa della biosfera. Nello stesso tempo, il modo di articolare e argomentare questo diverso modello euristico è esplicitamente non totalizzante né esaustivo né euforico, procedendo piuttosto per argomentazioni parallele, approfondimenti limitati e parziali, ipotesi analitiche provvisorie e con una esplicita prospettiva critica. Ma un filo rosso si può comunque intravvedere, anche se a tratti discontinuo e incerto, che cerca di mettere in dubbio sia la retorica umanista del “migliore dei mondi possibili” sia la mitologia meccanicistica di un futuro affidato all’automazione, alle interfacce informatiche e ai robot.
Se non possiamo aggrapparci al mito kantiano – “il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me” – possiamo tuttavia rivendicare la nostra identità bio-sociale di Homo sapiens e sentiens, in grado cioè non solo di conoscere il mondo ma soprattutto di attribuire significato all’esperienza sensibile del ciclo vitale in cui si trova immerso nella sua continua evoluzione. Pensare non basta (come ha già sostenuto qualcuno) ma cercare di comprendere rimane la precondizione anche per l’azione vera e propria.

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