Michel Agier
Antropologia della città
Traduzione di Nicola Maghi
In un momento in cui la città si sgetola e scompare in vaste e sconfinate conurbazioni, lo sguardo antropologico si rivela più che mai necessario per ritrovare, senza pregiudizi né modelli precostituiti, le origini e i processi che ricreano lo spazio condiviso della città. L’antropologo Michel Agier sostiene e descrive un approccio situazionale e dinamico che riprende e sviluppa le tre tradizioni di indagine urbana della scuola di Chicago, della scuola di Manchester e dell’antropologia francese del contemporaneo. L’etnografia urbana e riflessiva consente di ripensare la città a partire dai cittadini e delle logiche sociali, politiche e culturali che le danno origine e la trasformano. La questione del “fare-città” è così al centro di una riflessione che si basa su ricerche condotte nei quartieri periferici, nelle “favelas” e negli accampamenti nell’Africa nera, in Brasile, in Colombia e più recentemente in Europa.
Il “fare-città” è un mezzo con cui spingere oltre la rivendicazione del “diritto alla città” ed esercitarla qui e ora. Alcune pratiche conflittuali o minoritarie rivestono quindi un significato radicale per il pensiero della città, perché mettono in luce un desiderio e un “richiamo” verso l’orizzonte di una città sognata, virtuale o ideale, che va ben oltre la loro mera attualità o le loro specifiche conseguenze. Esso riguarda tutta la città, concepita come il nome di un movimento in un contesto segnato dalla disuguaglianza. È un punto di dibattito che lega l’epistemologia (il “fare-città”) e la politica (l’agire urbano) e che si propone a tutti coloro che s’interrogano sull’attuale stato della città e del mondo, e sul loro divenire.
Michel Agier è antropologoa, direttore di studi all’École des haute études en sciences sociales e ricercatore all’Institut de recherche pour le développement. Dal 2016 al 2018 ha coordinato il progetto Babels (Agenzia nazionale della ricerca). È autore, tra l’altro, di La conditions cosmopolite (La Découverte, 2013), Campement urbain (Payot, 2013) e Lo straniero che viene (Raffaello Cortina, 2020). Per i notri tipi ha curato La Giungla di Calais (2018).
Michel Agier
Antropologia della città
Traduzione di Nicola Maghi
In un momento in cui la città si sgetola e scompare in vaste e sconfinate conurbazioni, lo sguardo antropologico si rivela più che mai necessario per ritrovare, senza pregiudizi né modelli precostituiti, le origini e i processi che ricreano lo spazio condiviso della città. L’antropologo Michel Agier sostiene e descrive un approccio situazionale e dinamico che riprende e sviluppa le tre tradizioni di indagine urbana della scuola di Chicago, della scuola di Manchester e dell’antropologia francese del contemporaneo. L’etnografia urbana e riflessiva consente di ripensare la città a partire dai cittadini e delle logiche sociali, politiche e culturali che le danno origine e la trasformano. La questione del “fare-città” è così al centro di una riflessione che si basa su ricerche condotte nei quartieri periferici, nelle “favelas” e negli accampamenti nell’Africa nera, in Brasile, in Colombia e più recentemente in Europa.
Il “fare-città” è un mezzo con cui spingere oltre la rivendicazione del “diritto alla città” ed esercitarla qui e ora. Alcune pratiche conflittuali o minoritarie rivestono quindi un significato radicale per il pensiero della città, perché mettono in luce un desiderio e un “richiamo” verso l’orizzonte di una città sognata, virtuale o ideale, che va ben oltre la loro mera attualità o le loro specifiche conseguenze. Esso riguarda tutta la città, concepita come il nome di un movimento in un contesto segnato dalla disuguaglianza. È un punto di dibattito che lega l’epistemologia (il “fare-città”) e la politica (l’agire urbano) e che si propone a tutti coloro che s’interrogano sull’attuale stato della città e del mondo, e sul loro divenire.
Michel Agier è antropologoa, direttore di studi all’École des haute études en sciences sociales e ricercatore all’Institut de recherche pour le développement. Dal 2016 al 2018 ha coordinato il progetto Babels (Agenzia nazionale della ricerca). È autore, tra l’altro, di La conditions cosmopolite (La Découverte, 2013), Campement urbain (Payot, 2013) e Lo straniero che viene (Raffaello Cortina, 2020). Per i notri tipi ha curato La Giungla di Calais (2018).