Descrizione
Didier Fassin
Ripoliticizzare il mondo
Studi antropologici sulla vita, il corpo e la morale
Traduzione e cura di Chiara Pilotto
In un tempo in cui, ovunque nel mondo, i cittadini esprimono in maniera crescente il loro disincanto nei confronti della politica, è necessario reinterrogarne il senso non dal punto di vista delle istituzioni, dei partiti e dei programmi che le danno forma, ma di ciò che ne costituisce la sostanza stessa, ciò a cui essa rimanda e mette in gioco. Poiché studia il vicino e il lontano, si occupa del locale e del globale, e riunisce in uno stesso progetto etnografico l’attenzione per il quotidiano e l’ambizione di comprendere il contemporaneo, l’antropologia offre una risposta originale alla questione politica.
Nutriti da ricerche condotte nei tre continenti, i saggi presentati in questo volume affrontano tale questione attraverso tre dimensioni fondamentali: la vita degli esseri umani che insieme costituiscono la società, una vita sulla quale si imprimono le disuguaglianze sociali; il corpo, che subisce le violenze e le sofferenze, ma attraverso il quale si rivendicano dei diritti; e la morale, che serve a distinguere l’intollerabile dall’accettabile e a fondare delle comunità di valori e di affetti. Queste politiche della vita, del corpo e della morale, analizzate alla luce di ricerche sulla povertà e l’immigrazione, l’asilo e la malattia, la giustizia sociale e la ragione umanitaria, disegnano così il progetto di ripoliticizzare il mondo.
Didier Fassin è professore all’Institute for Advanced Study di Princeton e all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. È autore e curatore di numerosi lavori, tra cui: Quando i corpi ricordano. Esperienze e politiche dell’Aids in Sudafrica (Argo, 2016); Ragione umanitaria. Una storia morale del presente (DeriveApprodi, 2018); Punire. Una passione contemporanea (Feltrinelli, 2018); Le vite ineguali. Quanto vale un essere umano (Feltrinelli, 2019).
UN ASSAGGIO
Indice
9 Introduzione
19 Ringraziamenti
PARTE PRIMA: Politiche della vita
23 Oltre la biopolitica
43 Un’etica della sopravvivenza
PARTE SECONDA: Politiche del corpo
65 L’impero della sofferenza 92 La traccia della violenza
PARTE TERZA: Politiche della morale
109 Intollerabili antropologici 149 Economie morali
Introduzione
Se, secondo la celebre espressione di Max Weber1, il disincantamento del mondo è il tratto più significativo del nostro tempo, non è forse più dal lato della religione che dobbiamo cercarne le manifestazioni più evidenti, ma dal lato della politica. Così come all’inizio del XX secolo il sociologo tedesco descriveva l’abbandono della credenza nell’efficacia della magia e nella potenza del sacro, allo stesso modo siamo chiamati a pensare, cent’anni dopo, al declino della fede nella virtù della rappresentanza e del valore delle istituzioni. Probabilmente bisogna vedere in questa evoluzione la conseguenza dei numero- si scandali di corruzione, subornazione, abuso di potere, conflitto di interessi e, più in generale, delle tante forme di perversione delle pratiche di governo che hanno segnato la storia recente dei Paesi occidentali, a cominciare dall’Italia, dove gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena sugli Effetti del cattivo governo, ci ricordano che il fenomeno non è comunque nuovo. Ma la disillusione nei confronti della politica ha sicuramente ragioni più profonde e strutturali: la sensazione che i rappresentanti del popolo lo rappresentino male, nel duplice senso dell’azione che essi conducono in suo nome e della loro totalmente diversa composizione demografica; l’impressione che le istituzioni non riescano più a istituire il sociale, specialmente in termini di equità di fronte alla giustizia e di uguaglianza delle opportunità, in un periodo in cui aumentano le disuguaglianze all’interno della società. In altre parole, una larga parte della popolazione non si riconosce più nella politica così com’è, il che spiega tanto l’attrazione esercitata dalle diverse forme di populismo di destra e, in modo minore, di sinistra, quanto il dispiegarsi di forme alternative di azione politica più vicine alle preoccupazioni e alle aspirazioni del popolo. A questo proposito, parafrasando la formula di Marcel Gauchet riguardo al cristianesimo, potremmo dunque affermare che la democrazia è paradossalmente il sistema politico dell’uscita dal politico – il che condannerebbe non tanto l’idea democratica quanto la sua realizzazione concreta, la quale è tuttavia ben più che un semplice incidente di percorso.
È possibile “reincantare” la politica? O meglio, nelle attuali condizioni di disincantamento nei confronti del modello democratico, si può ripoliticizzare il mondo? Sicuramente si obietterà che perché vi sia una ripoliticizzazione, bisogna che vi sia stata prima una depoliticizzazione, un fenomeno di cui si ammetterà che il nome deriva più dall’intenzione polemica che dall’analisi sociologica – così come Paul Veyne ironizzava sul fatto che si parlasse di depoliticizzazione almeno dal tempo dell’introduzione dell’evergetismo del panem et circenses nelle arene della Roma antica. Precisiamo dunque l’intento. Ripoliticizzare il mondo significa qui ridare senso alla politica, vale a dire iniziare a interrogarsi su ciò che essa significa. Che cos’è la politica? Questo si chiedeva Hannah Arendt in un’opera rimasta incompiuta, ma che in sostanza voleva essere una risposta a questa domanda, e non una tradizionale discussione di scienza politica sul buon governo. Sappiamo che a questa domanda ha risposto con un dato di fatto, la pluralità, in quanto la politica tratta della comunità e del rapporto tra esseri diversi. Tale definizione porta certamente il segno dei due totalitarismi che hanno caratterizzato il suo tempo. Tuttavia, essa indica la volontà di andare alla sostanza della politica, al suo significato ultimo. È un’intenzione simile che anima il progetto di questa raccolta di testi, con la differenza che essa si fonda su un lavoro non filosofico, ma antropologico. E la domanda diventa allora: che cosa ci può insegnare l’antropologia sulla politica? […]