Lavoro, opera, azione

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Hannah Arendt

pp. 76
Anno 2021 (novembre)
ISBN 9788869482045

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Descrizione

Hannah Arendt
Lavoro, opera, azione
Le forme della vita attiva
Traduzione, introduzione e cura di Guido D. Neri
Postfazione di Ilaria Possenti

“Nel breve tempo di cui dispongo, vorrei sollevare una questione che può sembrare strana: in che consiste una vita attiva? Cosa facciamo quando siamo attivi? Nel sollevare questa questione assumerò come valida l’antica distinzione tra due modi di vita, tra una vita contemplativa e una vita activa, distinzione che incontriamo nella nostra tradizione di pensiero filosofico e religioso fino alle soglie dell’epoca moderna. E presupporrò che parlando di contemplazione e di azione non ci riferiamo soltanto a determinate facoltà umane, ma a due modi distinti di vita”. Così Hannah Arendt in apertura a Lavoro, opera, azione, testo della relazione che presentò nel 1964 a un convegno tenutosi presso l’Università di Chicago.
Come scrive Guido D. Neri nella introduzione, nelle sue parti esso corrisponde puntualmente ai capitoli centrali dell’opera più densa della Arendt, apparsa nel 1958 negli Stati Uniti con il titolo The Human Condition e nota in Italia come Vita activa. L’analisi fenomenologica di queste tre forme di comportamento – che nel loro variabile intreccio danno una chiave dell’esistenza storica umana –, sciolte dalle numerose digressioni che infittiscono l’opera maggiore, costituisce una esposizione chiara e sintetica del pensiero della filosofa tedesca attorno ad alcuni temi centrali della sua riflessione non solo teorica.

Hannah Arendt (Hannover 1906 – New York 1975). Allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers, nel 1933 dovette emigrare in Francia a causa delle persecuzioni contro gli ebrei. Dal 1941 ha insegnato nelle più prestigiose università degli Stati Uniti. Tra le sue opere tradotte in italiano: Le origini del totalitarismo (Edizioni di Comunità, 1996); Vita activa (Bompiani, 1989); Rahel Varnhagen (il Saggiatore, 1988); La banalità del male, Feltrinelli, Milano 1995; Sulla rivoluzione (Edizioni di Comunità, 1983); Politica e menzogna (SugarCo, 1985); La vita della mente (il Mulino, 1987).

RASSEGNA STAMPA

UN ASSAGGIO

Indice

7 Introduzione. “In che consiste una vita attiva?”
di Guido D. Neri

lavoro, opera, azione

40 Lavoro
48 Opera
58 Azione

65 Postfazione. Pensare a ciò che facciamo. Su un’urgenza arendtiana
di Ilaria Possenti

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“In che consiste una vita attiva?”
di Guido D. Neri

1. Il breve testo intitolato Lavoro, opera, azione corrisponde puntualmente, nelle sue parti, ai capitoli centrali dell’opera teoreticamente più densa di Hannah Arendt, apparsa nel l958 negli Stati Uniti con il titolo The Human Condition e nota in Italia come Vita Activa. Queste tre forme di comportamento, che nel loro variabile intreccio danno una chiave dell’esistenza storica umana, vengono presentate nei loro tratti essenziali, sciolte dalle numerose digressioni che infittiscono l’opera maggiore. Il tema complessivo è dichiarato all’inizio dell’esposizione in due domande: “in che consiste una vita attiva? che cosa facciamo quando siamo attivi?” Ma in Vita activa lo scopo della ricerca è formulato anche in un senso storico di cui dovremo tenere conto: chiarire l’origine dell’alienazione del mondo moderno.
Come già la prima grande opera sulle Origini del totalitarismo (1951), anche Vita activa nasce in realtà da un interrogativo sulla natura della realtà contemporanea. Qui però la visione retrospettiva si fa più ampia: si tratta di comprendere il significato della vittoria dell’animal laborans, il lavoratore dei nostri tempi, sull’homo faber che aveva inaugurato l’età moderna e di motivare l’estinzione della dimensione pubblica dell’agire nelle società moderne, la loro distanza dalla vita dell’antica polis.
Senza che la Arendt vi veda una soluzione politica compatibile con la società attuale, la democrazia dell’antica Grecia resta un riferimento costante nelle sue analisi. La città antica – uno spazio politico fondato su un rapporto libero tra pari, reso possibile dalla coesistenza di questa dimensione pubblica con quella privata dedita alla riproduzione elementare della vita – funge costantemente da stella polare, rispetto a cui evidenziare per contrasto il significato della modernità. La Arendt medita sulla centralità effettiva, ma anche sulla deificazione ideologica del lavoro nella nostra epoca, in cui tutti, anche i poeti, si fanno onore e merito di essere dei lavoratori. E sottolinea il contrasto con la polis greca, dove il lavoro era considerato una funzione servile e dove vigeva una netta demarcazione tra lavorare in quanto attività elementare e infinita, dipendente dal processo naturale, e produrre opere durature, che concorrono alla costruzione e alla stabilizzazione del mondo umano. Proprio questo mondo di opere costituiva il supporto dell’agire, di quella interrelazione tra le azioni pubbliche e i discorsi in cui si realizzava la forma più alta di attività. In cui anzi, secondo gli antichi Greci, consisteva la forma suprema della stessa esistenza umana, almeno fino a quando – in una fase critica della democrazia ateniese – i filosofi non le preferirono la vita ritirata della contemplazione.