La svolta del Tecnocene

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Giorgio Grossi

pp. 148
Anno 2023 (marzo)
ISBN 9788869482564

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Descrizione

Giorgio Grossi
La svolta del Tecnocene
Una nuova sociazione bio-tecno-sociale contro l’iperevoluzione digitale

Se nell’ultimo secolo si è cominciato a parlare di una nuova era geologica definita Antropocene – segnata dal primato dei Sapiens non solo sulle altre specie animali ma anche in seguito al loro incauto e parossistico sfruttamento dell’ecosistema in cui vivono –, oggi si sta delineando un nuovo passaggio storico ancora più problematico: l’avvento del Tecnocene. Si tratterebbe di una nuova era caratterizzata da un diverso fattore dominante: la tecnologia, l’informatica, la cibernetica, la materia digitale e sintetica, l’Intelligenza Artificiale, i robot e gli androidi, insomma una intera nuova componente inorganica del ciclo esistenziale capace forse di evolversi autonomamente e indipendentemente dalla specie di riferimento, e persino di sostituirla. Si parla così di postumano e di Deus ex machina come ennesimo mito utopico per il futuro dei Sapiens, ma questa nuova tappa del “progresso” appare assai discutibile e del tutto criticabile.
Da qui deriva perciò la necessità di ridefinire la nozione stessa di “sociazione” che caratterizza lo stesso modello esistenziale antropomorfo, superando quello di società che era stato pensato e praticato in epoche precedenti alla rivoluzione cibernetica, al fine di evidenziarne la pericolosità per il futuro della nostra stessa specie.
Perciò vi è anche la necessità di rinominare e riformulare il profilo stesso del soggetto antropomorfo del iii millennio chiamandolo Terrestre e non più soltanto essere umano o cittadino o individuo. Il Terrestre, infatti, è una nuova configurazione bio-tecno-sociale di soggettività organica che vuole difendere il proprio percorso coevolutivo anche in presenza della “rivoluzione digitale”, perché quest’ultima è promossa dal capitalismo cognitivo e dallo scientismo tecno-informatico che pianificano la “data driven society” e la “realtà virtuale del Metaverso” del nostro ciclo esistenziale.

Giorgio Grossi è stato docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Torino e l’Università di Milano-Bicocca. Attualmente è coordinatore del Forum di TeoriaSociale e membro del Comitato editoriale dei “Quaderni di sociologia”. Tra i suoi lavori più recenti segnaliamo: L’opinione pubblica (Laterza, 2004), I conflitti contemporanei (Utet, 2008), Metamorfosi del politico (Rosenberg & Sellier, 2020) e, per i nostri tipi, La sfida dell’ambivalenza (2021).

RASSEGNA STAMPA

UN ASSAGGIO

Indice

9 Introduzione

Parte prima. Dall’Antropocene al Tecnocene

15 Capitolo primo. La svolta iperevolutiva: l’essere umano artificiale

1. Umano, artificiale, post-umano; 2. Verso una società tecno-informatica?; 3. Considerazioni di sintesi

27 Capitolo secondo. Il capitalismo digitale e la rivoluzione cibernetica delle ICT: un connubio sottovalutato

1. Il profilo del nuovo capitalismo digitale; 2. La principale conseguenza iperevolutiva: l’esistenza datificata (“data driven society”); 3. Considerazioni di sintesi

42 Capitolo terzo. L’Intelligenza Artificiale come Deus ex machina

1. “Bias”: pregiudizi e manipolazioni; 2. Profilazione di default e deresponsabilizzazione; 3. Dall’Universo al Metaverso: dalla realtà esistenziale alla para-realtà virtuale; 4. Considerazioni di sintesi

Parte seconda. Verso una nuova sociazione bio-tecno-sociale

61 Capitolo quarto. Metamorfosi della sociazione: un nuovo percorso esistenziale per il iii millennio

1. Complessità bio-sociale e teoria dell’ambivalenza; 2. Format e frame: un confronto tra bio-sfera esistenziale e info-sfera artificiale

81 Capitolo quinto. La riconfigurazione della soggettività: l’avvento del terrestre-inforg

1. Primo fattore: la coscienza; 2. Secondo fattore: il senso e la sensibilità; 3. Terzo fattore: l’emancipazione; 4. Quarto fattore: l’embricatura
101 Capitolo sesto. La sfida della cosmo-politica nell’era del Tecnocene

1. Dalla democrazia alla algocrazia; 2. Dalla tecno-politica alla cosmo-politica: la metamorfosi della politeia nell’ecosistema bio-algoritmico; 3 Una ipotesi di nuovo programma politico

129 Conclusioni in fieri

139 Riferimenti bibliografici


 

Introduzione

Il iii millennio non è iniziato bene, malgrado la fine repentina del Secolo breve e le promesse seducenti di un mondo ormai globalizzato, individualizzato e interconnesso: l’attentato alle Torri gemelle (2001), la crisi dei subprime con la grande flessione economico-finanziaria (2007-2008), la pandemia mondiale del Covid-19 (2019-2023) e la guerra in Ucraina (2022-2023), la crisi climatica e ambientale sempre più dirompente, le migrazioni crescenti e le morti conseguenti, i reiterati conflitti religiosi, etnici e politici, e molto altro hanno svelato l’equivoco del mito della post-modernità e delle sue “magnifiche sorti e progressive” mostrando per l’ennesima volta l’altra faccia del “progresso” umanista e ora anche forse “post-umano”. Tanto che la rivendicazione plurisecolare della già discutibile centralità del soggetto antropomorfo nell’universo si sta sempre più acriticamente trasformando mediante la sostituzione del famoso (anche se controverso) detto cartesiano “Cogito ergo sum” con quello altrettanto problematico di “Homo Deus” denunciato da Harari alcuni anni fa.
L’obiettivo di questo libro di conseguenza è quello di avviare un progetto di analisi critica dell’attuale rivoluzione digitale perché il futuro dei Sapiens può essere auspicabile e condivisibile solo se si ridefinisce il ciclo esistenziale e il modello di vita di questa specie, così da correggere e trasformare le vecchie e nuove illusioni “umaniste” senza cadere nell’illusione distorta di un futuro “umanoide”. Infatti, il mito di un “mondo migliore” nasconde quasi sempre l’idea che il progresso sia indipendente dai valori e dagli interessi messi in campo per svilupparlo, mentre sono proprio questi che ne definiscono la forma e il significato, cioè il fondamento bio-esistenziale del nostro percorso coevolutivo nel bene come nel male, nel giusto come nello sbagliato. Così, ad esempio, la convinzione che tutti gli essere umani sono sì “uguali” ma nel contempo “diversi” rappresenta l’affermazione di principi e di interessi evoluti e modificati sulla base di un processo storico non solo migliorativo ma soprattutto emancipativo. Lo stesso vale per la centralità e la tutela del lavoro, la parità di genere, il diritto all’impegno sociale e politico, la partecipazione democratica, e così via.
Quindi è necessario contrastare e respingere l’automazione e la cyborgizzazione dilaganti che si stanno sempre più diffondendo, anche se sappiamo che tale posizione critica è per sua stessa “natura” mutevole, controversiale e storicamente connotata. Di conseguenza, si può affermare che la verità – comunque intesa e definita – non esiste in questo mondo, se non a partire da bisogni, cognizioni e convinzioni che sono inevitabilmente (ma fortunatamente) sempre parziali, contendibili e denegabili, e perciò sempre modificabili. Perciò, il cosiddetto “mondo del pressappoco” contrapposto da Koyré al “mondo della precisione” non è solo il passato ma anche il futuro della specie (malgrado le dilaganti ideologie tecno-informatiche); la precisione della conoscenza e l’automazione della società stessa sono sempre espressione di scelte non neutrali, ma interessate e spesso prevaricanti e quindi tendenzialmente accompagnate anche da forme di disumanizzazione; la rivoluzione politica, culturale e scientista, è dotata di senso finché non diventa un “nuovo ordine costituito”, “una tappa conclusiva” di un processo “lineare” e “deterministico”; il cambiamento è quindi innaturale e oppressivo se non permette l’adeguamento degli standard di vita dei suoi attori in quanto consapevoli della loro variabilità e della loro imperfezione ma anche della loro connotazione bio-sociale e collettiva.
La critica perciò diventa il fondamento e il presupposto di una esistenza non interamente oggettivata e predefinita, sia essa immaginata come “la citta del Sole” o come “il mondo dei Robot”, in quanto è sempre la conseguenza di un percorso coevolutivo che assume significato solo nell’ambivalenza continua e nella metamorfosi, consapevole e inevitabile, del ciclo vitale medesimo. Quindi, non c’è ordine senza conflitto, non c’è cultura senza differenza, non c’è certezza senza dubbio, non c’è esattezza senza approssimazione, non c’è razionalità senza emotività, non c’è significato senza consapevolezza, non c’è vita senza morte, e così via.
Naturalmente, ciò non vuol dire che tutto è intercambiabile e mutuabile – l’omeostasi della vita organica è sempre in funzione per garantire la replicabilità della specie e il suo continuo riequilibrio in funzione dell’adattamento -, ma che il processo coevolutivo, anche nel iii millennio digitale, non deve escludere nulla, non può ipostatizzare nulla, non rende le soluzioni irrevocabili perché la validità, l’organizzazione e il significato dell’esistenza bio-tecno-sociale dei Sapiens hanno una dimensione sempre performativa e non solo ripetitiva. Tale peculiarità che è attiva e autoriflessiva rende il percorso evolutivo stesso qualcosa di vincolante ma nel contempo di trasgressivo, qualcosa di attraente ma anche di deprimente, insomma lo trasforma comunque in una esperienza di vita che si riesce a realizzare solo attraverso una propria metamorfosi soggettiva e consapevole, anche se inevitabilmente connotata sia in positivo che in negativo. È in questa prospettiva che occorre oggi affrontare la questione della svolta iperevolutiva del Tecnocene e chiedersi se essa rappresenta una nuova era o l’inizio dell’estinzione dei Sapiens medesimi. […]

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