Adelmo e gli altri

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Cristoforo Magistro

pp. 207
Anno 2019
ISBN 9788869481307

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Descrizione

Cristoforo Magistro
Adelmo e gli altri
Confinati omosessuali in Lucania
Prefazione di Lorenzo Benadusi

Omosessualità e fascismo. Il tema è ormai da alcuni anni noto e a poco a poco conosciuto non solo dagli storici e dagli attivisti gay. È in particolar modo la vicenda dei tanti confinati per “pederastia” ad attirare l’attenzione perché tende a rappresentare emblematicamente l’essenza della repressione nei confronti degli omosessuali. Controllo e persecuzione, emarginazione e discriminazione sono gli aspetti essenziali dell’atteggiamento fascista nei confronti di questi “anormali” così diversi dall’uomo virile fascista, ma soprattutto così poco riconducibili al modello di rispettabilità borghese e alle norme della morale sessuale cattolica. Insomma il confino di polizia è quell’atto formale che condensa nella sua massima espressione tutte le altre forme di confino sociale e familiare vissute da omosessuali e lesbiche nella loro esistenza, e non solo in pieno regime.
L’indagine particolareggiata su questo universo confinario permette all’autore sia di ricostruire l’azione persecutoria attuata in diverse province italiane, da Venezia a Catania, da Mantova a Livorno, sia di indagare l’operato delle autorità lucane nel gestire i confinati per omosessualità. La ricerca fornisce dunque un contributo importante per ricostruire la storia dell’omosessualità nell’Italia fascista perché, attraverso quest’indagine su scala locale, è stato possibile individuare nuovi documenti che rendono più chiaro il fenomeno della repressione della pederastia, sia a livello numerico, sia nelle strategie utilizzate dalle forze dell’ordine (dalla prefazione di Lorenzo Benadusi).

Cristoforo Magistro ha insegnato materie letterarie nei corsi di scuola media per adulti di Torino. Si è interessato in particolare allo studio dell’emigrazione di fine Ottocento, del fascismo e delle lotte per la terra del secondo dopoguerra. Alcuni suoi studi sono stati pubblicati sul “Bollettino della Deputazione di Storia Patria della Basilicata” e sulla rivista “Mondo Basilicata”.

Rassegna stampa

UN ASSAGGIO

Prefazione
di Lorenzo Benadusi

Omosessualità e fascismo. Il tema è ormai da alcuni anni noto e a poco a poco conosciuto non solo dagli storici e dagli attivisti gay. È in particolar modo la vicenda dei tanti confinati per “pederastia” ad attirare l’attenzione perché tende a rappresentare emblematicamente l’essenza della repressione nei confronti degli omosessuali. Controllo e persecuzione, emarginazione e discriminazione sono gli aspetti essenziali dell’atteggiamento fascista nei confronti di questi “anormali” così diversi dall’uomo virile fascista, ma soprattutto così poco riconducibili al modello di rispettabilità borghese e alle norme della morale sessuale cattolica. Insomma il confino di polizia è quell’atto formale che condensa nella sua massima espressione tutte le altre forme di confino sociale e familiare vissute da omosessuali e lesbiche nella loro esistenza, e non solo in pieno regime. Di fatto a distanza di molti anni dal ventennio la questione di fondo rimane la stessa: la visibilità vista come scandalo, il riconoscimento pubblico inteso come minaccia all’ordine normativo eterosessuale, l’effemminatezza percepita come messa in discussione della mascolinità egemonica, la libera manifestazione della propria affettività come espressione “degenerata” di “perversione”. Basta leggere le dichiarazioni di papa Francesco, che, dietro un’apparente modernità, ricalcano alla lettera quelle dei suoi predecessori, condannando l’omosessualità e aggiungendo solo una risibile distinzione tra i gay “naturali”, meritevoli di comprensione se rispettosi dell’obbligo alla castità, e i gay per “conversione” o per “scelta”, divenuti tali perché vittime della “colonizzazione ideologica” della famigerata “teoria gender”, che vanno contrastati per evitare che la loro lobby continui a svolgere azione di propaganda. Le affermazioni del ministro Lorenzo Fontana, secondo il quale “le famiglie Arcobaleno non esistono”, sono l’esempio più evidente della convergenza tra conservatorismo cattolico e spirito reazionario, e segno di un pericoloso scivolamento verso posizioni di chiusura a difesa di un principio identitario sempre più rigido ed escludente.
Proprio la diffusione e la pervasività dell’omofobia può però portare a forzare la comparazione tra diverse epoche storiche, cadendo in facili anacronismi. Da questo punto di vista persino riguardo al fascismo è difficile individuare il punto esatto in cui la politica, rompendo con il passato, invade sempre più la dimensione privata e si trasforma in volontà totalitaria di controllare e plasmare ogni aspetto della vita delle persone. Del resto, anche nei regimi dittatoriali questa torsione si attua con una certa gradualità, rendendo difficilmente percepibile come le continue trasformazioni di grado comportino a lungo andare un effettivo cambiamento di sostanza. Nel caso dell’omosessualità ad esempio il regime fornisce una giustificazione ideologica a un diffuso atteggiamento omofobico, favorendone la radicalizzazione e l’espressione più violenta, becera e virulenta. Rendere legittimo ciò che prima appariva lecito ma inopportuno e rendere apprezzabile ciò che prima veniva autocensurato per rispetto delle norme non scritte del vivere civile, diventa il tratto caratteristico del fascismo che riesce a modificare il clima del tempo in base al suo progetto rivoluzionario di trasformazione integrale dell’uomo e dalla società. Non è facile per uno storico individuare il cambiamento dello spirito pubblico, ma anche se si tratta quasi sempre di aspetti intangibili ci sono dei tornanti che determinano la più o meno progressiva trasformazione del sentire comune, rendendo prevalente un colore, un atteggiamento, una visione di sé e degli altri. Michel Vovelle si chiedeva se si possono cambiare gli uomini in dieci anni, inserendo la variabile tempo per comprendere la mentalità rivoluzionaria e legare la sua presa sulla società al modo in cui la politica riesce a far affiorare stati d’animo, comportamenti e modi di pensare rimasti sino ad allora nascosti o al massimo espressi sporadicamente e sottotraccia. Insomma si ha l’impressione che il fascismo riveli alcuni aspetti latenti e che il suo tratto rivoluzionario risieda proprio in questa spinta a far emergere ciò che fino ad allora con difficoltà era stato contenuto grazie a un processo lento e faticoso di civilizzazione e democratizzazione. Appare quindi condivisibile l’interpretazione mossiana della nuova politica come tentativo di nazionalizzare le masse facendo a meno di questi valori, che quanto più sono deboli tanto più sono destinati a essere sostituiti da un vincolo fideistico e irrazionale con la nazione e la razza, il capo e lo Stato.